C’era una volta il Lavatoio del Mure’

Comune di Chieri. Costruzione lavatoi a P. Garibaldi.

Nei primi decenni del secolo scorso era ancora assente in città un sistema di distribuzione dell’acqua potabile nelle case. Il fabbisogno d’acqua, per una parte dei cittadini, era risolto mediante i pozzi, in parte privati ed in parte di comunità. Per un’altra parte della cittadinanza era l’acqua piovana che, raccolta in contenitori spesso sistemati in posizione sopraelevata, risolveva parzialmente il bisogno di pulizia delle persone e delle cose.

Finché, nel 1931 fu attivato in Chieri l’acquedotto pubblico, un impianto che attingeva l’acqua da Villastellone, dove si trovavano sei pozzi, alcuni dei quali profondi fino a poco meno di 70 metri. Da lì si dipartiva la condotta che dopo 15 km arrivava nel grande serbatoio costruito appositamente per distribuire l’acqua in città (Gola, 2014).

Restava ancora molta strada da fare per dotare le abitazioni civili di un sistema idraulico che fornisse l’acqua corrente per gli usi domestici e l’igiene personale. Il nuovo acquedotto rappresentava però un significativo passo in avanti, fu così che la Città deliberò di costruire alcuni lavatoi pubblici.

Comune di Chieri. Costruzione lavatoi a P. Garibaldi.

Nel dicembre del 1931 il podestà del Comune «ritenuto che per mancanza di pubblici lavatoi, la lavatura degli indumenti avviene nelle scarse acque, di pozzanghere soggette a diverse cause di inquinamento, con grave danno per la pulizia e l’igiene; che specialmente per la classe meno abbiente appare opportuno provvedere alla costruzione di lavatoi pubblici; reso ora più facile dall’impianto dell’acquedotto» (Delibera del podestà numero 1111) delibera la costruzione di un lavatoio nel quartiere di Porta Garibaldi mediante una gara di appalto, ovvero: «licitazione privata» fra gli impresari del Comune.

Non è difficile immaginare quanto quell’opera rispondesse al bisogno di migliorare l’igiene personale; quanto fosse utile per combattere le malattie, le infezioni batteriche e migliorare la qualità della vita. Ne è un esempio il lavatoio di Mariaga (CO) nel cui interno permane una scritta che risale allo stesso periodo della costruzione del lavatoio del Murè: “Ove esiste l’igiene e la nettezza ivi esiste il benessere”.

Anche nella Torino di quel tempo si assiste al medesimo fenomeno. Le lavandaie usavano il Po o la Dora per lavare i panni, finché un’ordinanza del 1935 vietò di lavare e stendere i tessuti nel tratto cittadino dove scorreva il fiume, perché nel frattempo era stato realizzato un lavatoio pubblico dalle parti di San Mauro.

 

Il lavatoio addobbato per Natale 1985 circa. Foto gentilmente concessa dal geom. Mario Bosco.

Nel giugno del 1932 è citata nei documenti dell’Archivio storico di Chieri la concessione e il conseguente contratto per la costruzione del lavatoio al signor Civera Giuseppe fu Delfino. Un paio d’anni dopo, il 26 marzo 1934, si registra la cessione del terreno da parte di Civera al Comune (fig.1).

Il lavatoio è così messo in funzione, non senza però essere dotato di un regolamento per l’uso da parte dei cittadini. Così, il 26 aprile del 1935, il commissario prefettizio elabora un documento per disciplinare l’uso dei due lavatoi attivi in città: «l’uno a Porta Garibaldi e l’altro a Porta del “Nuovo”» (Fascicolo LP 866, 4 maggio 1935).

Il regolamento, che qui riporto solo per alcune delle parti che lo compongono, indica prima di tutto gli orari di utilizzo; un orario che varia a seconda delle stagioni e che riguarda i soli giorni feriali: dal 1° giugno al 31 agosto, dalle ore 6 alle ore 11 e dalle ore 14 alle ore 19; dal 1° settembre al 30 novembre, dalle ore 8 alle ore 12 e dalle ore 13,30 alle ore 18; dal 1° dicembre al 28 febbraio, dalle ore 9 alle ore 11 e dalle ore 13 alle ore17; dal 1° marzo al 31 maggio, dalle ore 8 alle ore 12 e dalle ore 13,30 alle ore 18.

A seguire, il regolamento descrive le norme di comportamento. Prima di tutto è richiesto al cittadino che intende usufruire del lavatoio il pagamento di 20 centesimi, denaro che copre un tempo di utilizzo della postazione di due ore e non oltre, altrimenti dovrà pagare altri 20 centesimi; denaro che l’utente dovrà corrispondere al «custode alle dipendenze dell’ufficio di Polizia», soggetto che è tenuto a emettere una ricevuta dal «bollettario ricevuto dall’amministrazione comunale». Il custode provvede a riempire le vasche e a regolare l’uso dell’acqua – durante le due ore è previsto un solo ricambio d’acqua. Qualora un utente desiderasse acqua calda dovrà pagare 20 centesimi «per ogni secchio della capacità di litri 15» (Fascicolo LP 866, 4 maggio 1935).

Il regolamento continua con le disposizioni disciplinari: «Gli utenti devono mantenere un contegno corretto, astenersi dal vociare, cantare, tenere discorsi sconvenienti ed eseguire il lavaggio in modo da non recare disturbo o danno ai vicini». D’altronde, secondo alcuni racconti di quel tempo riferiti ad altri luoghi, il lavaggio dei panni era un momento di socialità, le donne parlavano, si confrontavano e cantavano insieme. Andare a lavare i panni nel lavatoio era un momento di condivisione della vita comune.

Il regolamento recita inoltre: «[gli utenti] dovranno tenere indumenti, attrezzi ecc., ben raccolti e ordinati in modo da non sorpassare [sic.] lo spazio ad essi assegnato e da non ingombrare il passaggio». L’art. 10 recita: «E’ vietato assolutamente di introdurre nelle vasche sostanze coloranti e corrodenti»; l’art 11: «E’ vietato il lavaggio di indumenti di persone affette da malattie infettive e contagiose»; l’art. 13: «A ciascuno dei due custodi sarà corrisposta la paga mensile di Lire cento lorde».

Fa un po’ sorridere leggere queste disposizioni ma al tempo stesso suscitano in noi il pensiero che c’è stata un’epoca durante la quale un atto come la pulizia personale, il lavaggio della biancheria e tutto ciò che è di normale uso quotidiano e che necessita di essere mantenuto igienicamente accessibile non era per nulla scontato. Ora quel tempo non c’è più, e nemmeno il lavatoio di Porta Garibaldi c’è ancora a testimoniare quel tempo: il Comune, nell’autunno del 2023, ha venduto quel fazzoletto di terra e ciò che rimaneva dello stabile alla società che è ora proprietaria dell’impresa lì locata.

Per Carreum Potentia, Dario Franceschi

Bibliografia:

_ I. Gola, Pozzi e lavatoi, in Zibaldone chierese 2. Fatti, luoghi e personaggi, SGI, 2014, Torino.
_ Archivio storico di Chieri, delibera del podestà numero 1111.
_ Archivio storico di Chieri, fascicolo LP 866: «regolamento per i lavatoio pubblici anno 1935». Regolamento emesso il 4 maggio 1935.

 

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