Il cuore di San Filippo Neri

Dettaglio parte sommitale della facciata di San Filippo Neri con il cuore fiammeggiante e coronato, posto al centro di uno scudo.

Un cuore, un grande cuore sovrasta i tetti rossi di Chieri.

È un cuore fiammeggiante, coronato, posto al centro di uno scudo in stucco collocato nella parte più alta dell’imponente facciata della chiesa di San Filippo Neri e per questo poco visibile da terra. Un cuore scolorito a causa degli agenti atmosferici e dell’incuria degli uomini.

Il cuore fiammeggiante è il simbolo della Congregazione dei Padri dell’Oratorio di San Filippo Neri ed è ripetuto molte volte all’interno della chiesa e dell’attiguo convento.

Perché sia il cuore il simbolo dei padri dell’Oratorio lo possiamo comprendere ammirando all’interno della chiesa il pregevole dipinto eseguito, nel 1704 circa, da Stefano Maria Legnani, detto il Legnanino. Si trova nella seconda Cappella a sinistra e rappresenta San Filippo Neri in estasi mentre era in preghiera nelle catacombe di San Sebastiano il giorno di Pentecoste del 1544: «L’amore ardente infuso nel suo cuore dallo Spirito Santo fu causa di una violenta dilatazione del cuore con conseguente inarcamento di due costole nel fianco sinistro, e questo ardore nel cuore gli durò tutta la vita».

Il cartiglio marmoreo posto al di sopra del dipinto ci rammenta poi che il Santo è, dal 5 maggio 1695, compatrono di Chieri; così come ce lo indica la statua, posta in facciata nel 1759, che lo rappresenta nell’atto di benedire la città rappresentata in splendida miniatura ai suoi piedi. Ma questa è tristemente una delle tante memorie perse, così come la mano benedicente gravemente danneggiata dai colombi. E così come si è perso il progetto per fermare le spaccature del marmo del medesimo altare che lo stanno gravemente compromettendo, tanto da far cadere il cuore in marmo posto al di sotto della mensa stessa!

Scriveva a proposito di questa chiesa il canonico Antonio Bosio nel 1880: «Fra le chiese moderne esistenti in Chieri certamente San Filippo è una delle più belle». Oggi dobbiamo constatare che la sua bellezza è coperta da uno spesso velo di polvere e trascuratezza, pare quasi che ciò che non riuscì a fare la soppressione napoleonica lo si stia riuscendo a fare in questi ultimi decenni.

Vi è, tra tanta sofferta bellezza, un particolare molto curioso che sul finire del Settecento un padre dell’Oratorio, rimasto anonimo, incollò sulla parete interna di uno sportello della stupenda sacrestia.

Immagine posta in uno sportello della sacrestia che rappresenta un bambino con un cartiglio che riporta la scritta: «PIPPO BUONO».

Si tratta di una piccola immagine che rappresenta un bambino a mezzo busto con il suo soprannome scritto su un cartiglio e associato a un aggettivo: PIPPO BUONO. Filippo da bambino veniva chiamato così, si legge infatti in una sua biografia del 1745: «Rendevasi amabile, e caro a ciascheduno: sì che, e per la bontà della sua natura, e per la purità de’ suoi costumi, era da’ compagni, e dagli altri, che lo conoscevano, chiamato Pippo buono». E i romani di lui, ormai adulto, raccontavano: «Era tanto umano tanto de bbon core che a Roma chi l’incontrava diceva: Ecco Pippo Bbono…»

Questa immagine è giunta sino a noi nonostante le traversie che i Padri dell’Oratorio vissero a Chieri: giunsero in città nel 1654, subirono la soppressione napoleonica nel 1802, tornarono nel 1816 e la lasciarono definitivamente dopo soli quattro anni, nel 1820. Non ebbero vita facile soprattutto dai confratelli degli altri Ordini religiosi, ma furono benvoluti dal popolo. Oggi San Filippo Neri è un Santo dimenticato dai chieresi (così come i padri che qui vissero): non ricordiamo di averlo compatrono, non abbiamo ricordato nel 2015 i 500 anni dalla sua nascita, e nel 2022 i 400 anni dalla sua canonizzazione. Nonostante tutto, quel grande cuore continua a vigilare sui tetti di Chieri e su chi ci abita sotto.

Per Carreum Potentia, Roberto Toffanello

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