La città di Chieri tesse da otto secoli con alterne vicende storiche, politiche, sociali; in questo lasso di tempo sono avvenute tante innovazioni nel campo tessile, alcune modeste altre rivoluzionarie; intuite, progettate e realizzate da artigiani sconosciuti o da grandi personaggi, quali Leonardo da Vinci (ideò la navetta ed oltre 105 congegni per la tessitura, alcuni simili ai prototipi usati ancora nella prima metà del secolo scorso) e Jean Marie Joseph Jacquard (realizzò il meccanismo per produrre tessuti operati), tutte invenzioni atte a migliorare la qualità del prodotto ed accorciare i tempi di esecuzione. Gli artigiani e gli imprenditori chieresi, nelle varie epoche, sono sempre stati attenti alle novità acquisendo e modificando alle proprie necessità strumenti tessili. Non solo, anche nel settore organizzativo e amministrativo furono sempre all’altezza dei tempi: nel 1482 fondarono l’Università del Fustagno, corporazione a difesa dei prodotti, che stabilì che i tessuti prodotti fossero contraddistinti da specifici marchi di fabbrica – detti signa – che venivano registrati nell’apposito Libro Signorum.
Questa lunga premessa per constatare che nonostante strumenti, invenzioni, innovazioni, organizzazioni, la stoffa è formata da due fili: trama e ordito, opportunamente lavorati nel numero, nella posizione reciproca ecc. Qui di seguito una semplice elencazione dei tipi di tessuto più diffusi prodotti anche a Chieri.
Il tessuto può essere definito come il risultato dell’intreccio di una serie di fili, al fine di ottenere una falda tessile con caratteristiche di compattezza variabili a seconda della materia prima adoperata, la forma dell’intreccio e l’uso a cui è destinato.
Tessuti principali
Ogni gruppo di intreccio a fili rettilinei viene definita armatura e ne esistono di tre tipi fondamentali:
-
la tela o taffetà,
-
la spina o diagonale,
-
il raso o satin (vedi fig. 1).
Tela. Questo intreccio è formato da due fili e due trame che si incrociano ad angolo retto e in contrapposizione. La rappresentazione grafica dell’armatura si fa su carta quadrettata (messa in carta) sulla quale le colonne verticali di quadretti rappresentano i fili di ordito e le file orizzontali le trame (tessimento): quando un filo “passa sopra” una trama si segna in nero il quadretto corrispondente, che invece resterà in bianco quando è la trama a passare sopra.
In tal modo si ha la possibilità di sapere quali fili dovranno passare sopra e quanti fili resteranno sotto, per poter effettuare l’infilatura dell’ordito nelle magline con asola dei licci (vedi telaio).
Nella tela, essendo il rapporto di armatura pari a 2, saranno necessari due licci, nel primo saranno infilati i fili pari mentre nel secondo i fili dispari, per cui, alzando alternativamente tali licci e introducendo un filo ortogonale a quello di ordito a ogni battuta, si forma un incrocio retto contrapposto. L’operazione di infilatura dei licci si definisce rimettaggio che può essere «seguente, a punto e a gruppi».
Dall’armatura base tela si possono derivare altri intrecci, aumentando verticalmente, orizzontalmente o ambedue le direzioni altri fili che facciano la stessa funzione ( ad esempio: il tessuto “panama” il cui rapporto è 4×4, è formato da due orditi e due trame che lavorano assieme in intreccio tela).
L’argomento è prettamente tecnico, quindi, per non tediare il benevolo lettore, tratterò gli intrecci spina e raso nella prossima newsletter.
Curiosità
Da circa Settant’anni sono apparsi sul mercato i cosiddetti T.N.T. (tessuti non tessuti) che correttamente occorre definire “coesionati” per la loro struttura tecnologica. Sono stati usati inizialmente per realizzare vestiti di carta, ovvero articoli la cui funzione era quella di essere buttati via dopo l’uso.
Oggi, dopo le migliorie introdotte nella tecnica produttiva, presentano un importante consumo in molti settori dell’industria, del commercio e dell’attività quotidiana.
Le applicazioni attuali sono:
-
settore industriale
-
settore domestico
-
settore dell’abbigliamento
-
settore sanitario
Nel settore industriale vengono usati per isolanti, rinforzi di rivestimento di materie plastiche, sacchi…; nel settore domestico fanno capolino in tovaglie, tovaglioli, fazzoletti, strofinacci, contenitori alimentari…; nell’abbigliamento vengono impiegati nelle fodere interne e imbottiture per confezioni, sottane e pantaloni da lavoro, grembiuli, inserti per interni di calzature sportive e antinfortunistiche; infine, per le applicazioni sanitarie li troviamo in bende, fasciature, guanti, mascherine chirurgiche, cuffie, camici usa-getta e copriscarpe.
Per questi tessuti non si parla più di trama e ordito, in quanto per la loro produzione si parte dal principio della manifattura della carta; ovvero, si forma un impasto di fibre tessili cortissime di cotone o nylon (da sfridi di precedenti lavorazioni), non adatte alla filatura tradizionale, e le si lega fra loro con sostanze a base di soluzione di acqua e amido oppure con co-polimeri di butadiene.
Con il primo tipo di impasto si ottengono prodotti a buon mercato ad uso corrente, con il secondo manufatti più elastici, resistenti e di qualità superiore. La lavorazione di questi prodotti avviene in ambienti speciali, gli addetti ai lavori devono usare tutti i D.P.I. (dispositivi di protezione individuale) in quanto il butadiene «fin che non è legato ad altre sostanze» è nocivo alla salute.
Allo stato attuale, questa è ancora un’industria in evoluzione con prove di impiego di adesivi acrilici, polivinilici, gomme sintetiche e altro ancora, allo scopo di ottenere articoli specifici.
[continua…]
Per Carreum Potentia, Franco Mazzone
Bibliografia:
Armando Brunetti, Ël contrameter, Edito in proprio, Tipografia Parena dicembre 1990.
AA.VV., Armature e Tessuti, vol. X, EST Mondadori (VI Edizione).