Quel pomeriggio di gennaio del 1969 me lo ricordo molto bene.
Avevo nove anni, la mamma ed io eravamo alla finestra del cucinino (lo chiamavamo così) a guardare la strada di Riva Vecchia per vedere quando sarebbe comparsa la 500 blu di papà che arrivava da Torino.
Eravamo trepidanti non solo per l’attesa del suo ritorno a casa, visto che allora faceva molto freddo in inverno e quindi il pericolo di incidenti causa ghiaccio era veramente forte, ma soprattutto per cosa avrebbe portato a casa papà!
Quando comparve in lontananza la sagoma della 500 mamma ed io scendemmo subito ad aprire il cancello del cortile affinché non si perdesse nemmeno un minuto, nell’attesa di vedere se ciò attendevamo era davvero arrivato.
Papà si fermo in centro cortile e… sul sedile posteriore c’era lei. La nostra prima televisione!!
Mi ricordo perfettamente che non era imballata nello scatolone, ma semplicemente appoggiata sul sedile e arrivava sin quasi al sedile del passeggero davanti, che papà aveva preventivamente tolto per essere sicuri di poterla caricare sulla nostra piccola utilitaria.
Finalmente nel nostro borgo era arrivata la prima televisione e si poteva vedere il prossimo Festival di Sanremo senza dover andare nella cascina di Carolina e Vigiu Bosco, che era poco oltre il nostro borgo giù della via e dove la televisione era stata acquistata qualche anno prima.
Era enorme!! Di marca West e mio papà, forse pensando al Far West, diceva che era americana! Oggi direi che era grande come una lavatrice.
A fatica e con tutta la delicatezza del mondo (toccava in tutti gli angoli dell’abitacolo) la scaricammo e la portammo sul tavolino che mamma aveva già preparato in sala.
Sinceramente non ricordo se il mese successivo vedemmo il famoso festival, ma per contro ricordo perfettamente le sere d’estate passate come sempre sul Cantun in fondo alla mia stradina a chiacchierare con tutti i vicini, alla luce di un unico fioco lampione portandosi la sedia da casa. Per quelli di giù d’Riva Veja, (per noi tutti è mai stata veramente via Montù…) il Cantun era il centro del mondo. Il luogo dove le sere d’estate, davanti ad un bicchiere di vino per i grandi ed un sorso d’acqua o al massimo gassosa per noi piccoli, gli adulti si raccontavano le storie più fantasiose e incredibili che dicevano di aver vissuto. O di aver sentito dire che era capitato davvero…
Ma quell’estate era diversa; si raccontava che forse a luglio un americano (come la mia televisione!) sarebbe andato sulla luna. Sì, proprio su quella luna che ogni sera d’estate era là al suo posto, sopra il Cantun giù d’Riva Veja.
Più passavano i giorni e più la televisione raccontava di cosa sarebbe successo quel giorno di luglio del 1969. E già, proprio quell’enorme televisore che faceva bella mostra di sé nella sala. La sala “quella bella”.
E finalmente arrivò il grande giorno; era il 21 luglio 1969 e tutto il Cantun, più di venti persone, dopo aver cenato molto presto si spostò da Giuanin Cavaglià, nella nostra “sala bella”, per vedere quella cosa che nessuna storia dei grandi, in tante sere passate all’angolo della via, aveva nemmeno osato immaginare: l’uomo sulla luna!
Ricordo che qualcuno per l’occasione aveva portato delle paste catà giù d’Cher da Bungiuan e papà aveva stappato il Freisa dolce di Canarone, cul bun.
C’era silenzio misto ad ammirazione e anche un po’ di incredulità.
Come era possibile che due uomini fossero lassù, sulla luna. Quella stessa luna che tutte le sere era sopra il nostro Cantun giù d’Riva Veja. Ma il miracolo avvenne e poco dopo le nove di sera quella macchina con le zampe tocco la luna e il silenzio si ruppe in esclamazioni ammirate e stupite.
Non si attese che quei due uomini scendessero a camminare sulla superficie lunare perché «a ven tard e duman duvuma n’dè a travajè».
Si andò ancora tutti insieme sul Cantun a vedere la luna.
E mentre ci si salutava Sistu Gianoglio, uno dei più anziani del borgo, mi guardò e mi disse: «Cit, a sarà poi tut ver?»
Alzai lo sguardo. Vidi ancora la luna che illuminava il Cantun e gli dissi: «Certo! L’ha detto la televisione. Quella americana!»
Per Carreum Potentia, Vanni Cavaglià
nato, cresciuto, ancora oggi residente a Chieri giù d’Riva Veja. Al Cantun.