
Alla fine del 1700, nell’America del Nord, Eli Whitney (1765-1825) costruisce una macchina per separare le fibre di cotone dai semi, lavoro che fino a quel momento veniva svolto manualmente. La macchina di Whitney consisteva in un cilindro girevole con fili di ferro a forma di uncino o dischi con denti di sega che, passando attraverso scanalature troppo strette per permettere il passaggio dei semi, li separava dalle fibre. Una spazzola asportava il cotone dal cilindro. La produzione meccanica di una sola ora corrispondeva a quella di una settimana d’uomo. L’inventore ottenne un brevetto per questa invenzione, anche se venne coinvolto in vari processi per vedersi riconoscere i propri diritti in quanto i proprietari di molte piantagioni non volevano tenervi conto; dopo molte peripezie egli riuscì a trarre un modesto profitto dalla sua invenzione, denominata “Cotton-gin” (una storpiatura del termine engine).
Questo episodio fu l’inizio di una nuova tendenza alla meccanizzazione della tessitura, nell’arco di pochi decenni le macchine che effettuavano una sola operazione vennero sempre più perfezionate e integrate fra di loro, in modo da formare un ciclo di lavorazione continuo.
In Europa, il primo telaio completamente metallico fu messo a punto e brevettato dal britannico Edmund Cartwright (1743-1823) di famiglia benestante e molto istruito, raro caso tra gli inventori tessili della rivoluzione industriale: dopo la scuola secondaria entrò, a 14 anni, nel collegio universitario di Oxford dove prese il diploma di lettore e nel 1764 fu eletto membro del Magdalen College e ordinato sacerdote della Chiesa d’Inghilterra. Fino ad oltre 40 anni visse come prete ma, nel 1784, Cartwright venne introdotto casualmente ai problemi tecnici dell’industria tessile, in seguito a una conversazione sulle macchine per filare con R. Arkwright.
Ripensando a quel dialogo e tenendo conto che nella tessitura pura e semplice potevano esserci soltanto tre movimenti che dovevano susseguirsi l’un l’altro, Cartwright concluse che sarebbe stato non troppo difficile produrli e ripeterli. Si mise subito al lavoro con un carpentiere, un fabbro e poi con un tessitore. Nella prima macchina da lui realizzata il prodotto era uno scampolo di stoffa; tuttavia, data la sua incompetenza in materia, questo primo telaio era un rozzo esempio di macchinario. Credendo di aver realizzato tutto quel che si richiedeva all’epoca si premurò di salvaguardare la sua invenzione con un brevetto. che ottenne nell’aprile del 1785.
Edmund aprì una fabbrica di telai meccanici a Doncaster (South Yorkshire), nel 1787, allestendola con

venti dei suoi telai brevettati azionati da argani mossi da cavalli; nell’anno successivo cominciò a sperimentare per la filatura della lana e costruì a Fishergate (North Yorkshire), in prossimità del fiume Cheswold una fabbrica tessile di quattro piani. La forza motrice era fornita da una ruota idraulica e una macchina a vapore di riserva, non solo, con l’aiuto finanziario dei possidenti locali e dei commercianti di maglieria di Nottingham (Midlands orientali inglesi) costruì un altro stabilimento per la filatura di lana pettinata. Il tentativo di usare i telai meccanici di Cartwright in una manifattura di Manchester finì nel 1792, quando la fabbrica fu distrutta da un incendio probabilmente causato da alcuni tessitori locali di telai a mano, che vedevano nelle “macchine” un pericoloso concorrente.
L’ultimo sviluppo del telaio meccanico fu opera di W. Radcliffe (1760-1841), che trasse vantaggio dal rapido sviluppo dell’industria cotoniera nell’ultimo ventennio del XVIII secolo per stabilirsi come industriale tessile. Nel 1789 si associò con T. Ross di Montrose (Angus, Scozia) così, insieme, assunsero e incoraggiarono T. Jhonson, ingegnoso meccanico, ed ottennero quattro brevetti che rimossero gli ostali pratici che impedivano il successo della macchina di Cartwright.
Gli ultimi brevetti relativi al telaio meccanico li ottenne H. Horrocks, industriale del cotone, nel 1803, 1805 e 1813: tale telaio, perfezionato in tutti i particolari, entrò nell’uso generale in Inghilterra per i primi decenni del 1800. La meccanizzazione manifestò in quegli anni la tendenza a non eseguire una sola operazione per volta, bensì, ad eseguire l’intero ciclo produttivo: J. Crighton realizzò un collegamento fra vari macchinari che fanno operazioni consecutive, completando la linea di produzione con una avvolgitrice posta alla fine del ciclo produttivo che preparava le matasse pronte al magazzino.
Da tutte queste innovazioni l’imprenditore Francis Cabot Lowell ebbe l’intuizione di costruire a Boston (Massachusetts) il primo stabilimento tessile integrato, in cui tutte le operazioni di conversione del cotone grezzo in stoffa finita potevano essere eseguite in un unico edificio, la forza motrice idraulica era fornita dal fiume Charles.
L’Europa non fu da meno del Nuovo Mondo, in tutte le Nazioni europee la tessitura ebbe un grande sviluppo pur subendo la supremazia industriale ed economica dell’Inghilterra che riusciva ad importare il cotone dall’Estremo Oriente a dazi molto bassi; Francia, Belgio e Polonia e Prussia cercavano di tenere il passo.
Con questa news si conclude la sommaria analisi della tessitura globale del ‘800, tratterò in futuro la situazione della penisola italica, arrivando via via al racconto della situazione di Chieri e il suo circondario.
Curiosità
*Negli anni ’20 del Settecento, il filatoio di seta “Lombe & Sorocold” di Derby (Derbyschire) fu costruito da un punto di vista funzionale ed edilizio su modello degli stabilimenti piemontesi, che ispirarono la progettazione di molti edifici in Inghilterra e oltreoceano: queste strutture (definite in stile “manchesteriano”) erano costruite in prossimità di corsi d’acqua per sfruttare l’energia idraulica, caratterizzati dalla forma quadrangolare, di tre o quattro piani, con file ininterrotte di finestre per garantire una buona illuminazione naturale e all’interno, dotati di lunghe arcate in mattoni per il sostegno delle volte e delle infrastrutture aeree dei macchinari mossi “dall’albero maestro” che trasmetteva la forza motrice idraulica e successivamente a vapore, ai singoli telai ed altre macchine, tramite pulegge e cinghie di trasmissione.
**Dalla testimonianza verbale del signor Aldo Varetto, storica guida del Museo del Tessile, ho scoperto recentemente che il telaio esposto nella sala conferenze del Museo (vedi newsletter di dicembre ‘22) è stato costruito a Chieri dalla falegnameria “Fratelli Mosso” (vedi foto di Aldo Varetto), che era situata in piazza della Legna attuale via delle Orfane prospiciente a piazza Trento e Trieste. L’ubicazione del laboratorio era nei locali preesistenti agli attuali dove, fino a pochi anni fa, c’era una ferramenta. Dall’analisi dell’esperto, signor Bruno Eterno, si evince che il legno è larice rosso, preferito ad altre essenze (castagno, noce) per la sua “elasticità”, utile ad assorbire le migliaia di energiche “battute” della cassa porta navetta-pettine che serve per inserire il filo di trama nell’ordito, questa proprietà fisica del legname, era anche adatta per limitare il gioco negli incastri a tenone-mortasa di tutta l’incastellatura, le staffe angolari di metallo, probabilmente, sono state forgiate dalla ditta Gambino del Murè.
[continua]
Per Carreum Potentia, Franco Mazzone
Bibliografia:
A. Barbero (a cura di), Storia del Piemonte, Einaudi 2008.
AA.VV., Scienziati & Tecnologi, (EST) Mondadori 1975.
AA.VV., Annali della scienza e della tecnica, (EST) Mondadori 1976.