La tessitura: luoghi, persone e curiosità – 8ª parte. I Benso, le loro attività mercantili con i tessuti.

Riproduzione grafica della Galea (sec. XVI ). Le vele erano ammainate prima dell’arrembaggio, la nave era manovrata con i remi indipendentemente dal vento.

L’antica famiglia dei Benso, le cui origini si possono seguire fin dal XII secolo, è tra quelle borghesi di Chieri che allora stavano lottando per la conquista dell’autonomia cittadina. Di provenienza incerta, che non si saprebbe se riportare ad alcune famiglie milanesi con quel nome, o collegare, secondo la tradizione della famiglia stessa, al cavaliere germanico Uberto Benz giunto in Italia al seguito di Federico Barbarossa, come sta ad indicare il motto Gott will Recht presente nell’arme della famiglia.

In effetti, già nel 1170 un Ubertus de domina Bensia e un Guillelmus Bensius figurano, con altri chieresi, in alcuni atti relativi la controversia tra gli abitanti e i canonici di Torino per il dominio di Santena, culminata nel 1191 nell’acquisto di quel dominio da parte dei chieresi – fra cui il Bensius – ma comunque sotto la sovranità feudale del vescovo di Torino. Del dominio di Santena e Ponticelli (ai tempi frazioni di Chieri) i Benso possedevano due donzeni (dodicesimi), sotto l’autorità del comune di Chieri, e appunto in questa città rimasero fino al XV secolo esercitandovi attività bancaria e mercantile, soprattutto con le materie prime per produrre i tessuti.

Successivamente, molti membri della famiglia si dispersero per l’Italia; meritano, però, essere ricordati alcuni di loro fra cui Goffredo Benso, che intorno al 1540 era cointeressato in affari commerciali in Africa, Brasile e a Marsiglia, sua base logistica.

Goffredo Benso signore di Santena, governatore di Montmèlian in Savoia, Asti, Torino e Casale, cavaliere del Supremo Ordine della SS. Annunziata, antenato del più noto statista Camillo Benso di Cavour (1810-1861), fra i tanti incarichi in cui era affaccendato nel novembre del 1530 inviò nel Nord Africa pezze di bordantino, sale e spezie utilizzando a nolo la nave marsigliese dell’armatore e comandante Jacques de Vegua, il quale testimoniò come il suo galeone carico di mercanzie, per lo più trafficate dal Benso, fosse stato catturato e sequestrato dalla flotta genovese di Andrea Doria. Il De Vegua ebbe un compenso che consisteva in 150 scudi e 5 balle di cotone.

Effettivamente, durante il viaggio di ritorno, in prossimità di Marsiglia, la nave carica di grano, fu intercettata e obbligata a dirottare su Genova da dieci gallee dell’ammiraglio Andrea Doria: la repubblica genovese, dopo l’esclusione dalla pace di Cambrai, abbandonata la causa francese, era passata al servizio della Spagna e non esitava ad effettuare qualche colpo di mano contro chiunque, in particolare per il prezioso carico di grano, molto utile per sfamare la popolazione di Genova. Più che un atto di pirateria potrebbe essere considerata, in termini attuali, un’azione di polizia militare marittima.

Altra vicenda riguarda il viaggio oltreoceano e gli scambi commerciali, molto avventurosi con l’America del Sud. Nel 1532 Goffredo Benso è coinvolto in una operazione non propriamente mercantile: egli affida la nave “Pellegrina”, al comando del capitano francese Pietro Duperet, un carico di mercanzia da scambiare a Pernambuco con merce locale, in particolare con un legno rosso denominato brazil, utile per tingere i tessuti. Entrato nella rada di Pernambuco, allora possedimento portoghese, l’equipaggio al comando del Duperet aggredisce il presidio portoghese e si impadronisce del porto e delle merci trovate nei magazzini: stoffe, uccelli esotici, spezie, ma sopprattutto il legno rosso, già citato. Il Duperet decise di restare a Pernambuco con una sessantina di uomini e ordinò al resto dell’equipaggio di far vela verso l’Europa, in questo viaggio di ritorno la Pellegrina venne intercettata dalla navi portoghesi e condotta a Lisbona, probabilmente sotto sequestro, sia della nave che il suo carico. Tragica conclusione di questa vicenda: gli uomini rimasti a Pernambuco si ribellarono e assassinarono in comandante Duperet.

Queste sono due vicende tratte da: Tre docomenti riguardanti Goffredo Benso da Santena” in Miscellanea di Storia Italiana, 1869, vol. VII, pp 857-875. Non cito il terzo episodio in quanto non ha attinenza al commercio di tessuti ma bensì di un prestito di denaro elargito dal Goffredo, episodi economicamente avversi e fallimentari per il Benso, ma che dimostrano la sua intraprendenza e la coraggiosa capacità imprenditoriale che svolgeva da pioniere: l’America Centrale e del Sud erano state scoperte da soli 40 anni.

Bartomeo Benso, detto il conte Bens e futuro prozio di Camillo, affittò nel marzo 1801, in società con il conte Carlo Lodi di Capriglio, la tenuta della Mandria di Chivasso, già proprietà reale ed in quel momento bene nazionale dell’impero francese, con l’impegno per gli affittuari di impiantarvi un allevamento di pecore merinos spagnole, produttrici della pregiata lana.

Nel maggio dello stesso anno nasceva la Società pastorale, che derivava da una associazione per l’incremento dei merinos, fin dal 1797 promossa dal conte Lodi medesimo. La proprietà, gestita dall’amministrazione francese, aveva una superficie di 2200 giornate, la maggior parte dei terreni era adibita a pascolo ed era situata nei territori comunali di Chivasso, Mazzè e Rondissone. La mandria di Chivasso, formava un complesso di 1200 arpenti* a prato che nutrivano 6000 pecore e montoni, 100 vacche e 45 coppie di buoi; altri 600 arpenti erano coltivati a grano, avena, granoturco, patate.

Oltre ai merinos di razza pura, si erano formati dei meticci con incroci di pecore di razza padovana, romagnola e napoletana; una manifattura di panni era stata messa in attività a Rivoli, e impiegava 60 filatrici e 150 operai tessitori che producevano le stoffe che poi venivano sottoposte a procedimenti di tintura, follatura e apparecchiatura. Gli addetti alle svariate mansioni della Società, alla Mandria e a Rivoli ammontavano a circa 1000 unità variando nel tempo fino a 3000.

La durata dell’affitto stipulato era prevista per 21 anni, con un canone annuo di £ 28.000, con agevolazioni di pagamento per i primi tre anni, in considerazione delle grosse spese da fare per la manutenzione della tenuta. Gli affittuari si impegnavano di introdurre 2000 capi subito, da portare a 6000 entro tre anni, il contratto permetteva loro di cambiare colture ed impiantarne di nuove, senza però diminuire l’estensione a prato e di costruire un opificio per la fabbricazione di drappi di lana adatti alle forniture militari.

Nel 1803 e nell’anno successivo, entrarono in società altri membri del ceto fondiario piemontese fra cui il conte Falletti di Barolo, Uberto Benso detto Franchino, Ottavio Provana di Collegno, il notaio Giuseppe Paviolo ed altri: tutti titolari di quote azionarie di quella che sarà denominata ufficialmente “Società pastorale della Mandria di Chivasso”.

Nel 1834, quando assunse l’amministrazione della tenuta di Grinzane, il più noto Camillo Benso di Cavour, definito “il grande Tessitore”, fra le tante innovazioni in campo agricolo acquistò e fece mettere a dimora 300 piante di gelso; nel giro di pochi anni, il gelseto era in piena produttività di bacche e foglie, alimento del baco da seta. Cavour, che era anche un valente e innovativo agronomo, fornì ai suoi collaboratori precise informazioni su come migliorare la produzione, raccomandando di controllare costantemente la salute dei bachi da seta nonché lo stato vegetativo dei gelsi impiantati.

I bozzoli (a volte anche le foglie), partivano poi da Grinzane alla volta dei mercati stagionali di Torino, Chieri, Alba e Carmagnola. Le merci erano soggette a variazioni di prezzo, quindi Cavour dava sempre istruzioni sulle modalità e i tempi in cui vendere i prodotti per ottenere il maggior profitto. In forma minore, la tenuta, si dedicò alla coltivazione della canapa, la cui fibra era utilizzata in tessitura e cordami.

* 1200 arpenti: antica unità di misura di origine germanica, corrispondente a 2563 metri quadri (Prussia) oppure a 3600 metri quadri (Svizzera, Baden).

[continua… ]

Per Carreum Potentia, Franco Mazzone

Bibliografia:

_ G. Camporese, Storia dei Chieresi, Edigraph Coop – 1982.
_ R. Romeo, Cavour e il suo tempo, Vol. I, Editori Laterza – 2012.

_ S. Cavicchioli, C. Cavour e l’agricoltura, Arti Grafiche Editoriali Srl – 2011.

_ C. Smeriglio, Santena: da villaggio a città, Edizioni Ianni – 2006.

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