In questi giorni, in cui i giornali e i mezzi di informazione ci ricordano gli orrori della Shoah e gli ultimi superstiti raccontano le atrocità subite nei campi di sterminio, sono sempre rimasto colpito dagli anni di silenzio con cui questi testimoni hanno dovuto e voluto interiorizzare i loro strazianti ricordi.
Sami Modiano e Liliana Segre hanno cominciato a raccontare dopo circa 50 anni dal tempo della loro prigionia nel campo di sterminio di Auschwitz, ed entrambi cominciando dai ragazzi nelle scuole. E non dagli adulti…
Liliana Segre dai primi anni Novanta e Sami Modiano addirittura dal 2005. Già, proprio dal 2005…
Nel dicembre di quell’anno a Chieri, per merito del gruppo cittadino degli Alpini, fu pubblicato il libro Aquile nella Bufera; una serie di racconti di alpini chieresi reduci dai campi di battaglia della Seconda guerra mondiale.
Ricordo come fosse oggi quel giorno di primavera del 2005 in cui l’attuale capogruppo chierese Massimo Berruti venne a casa di papà per farsi raccontare la sua storia di mutilato di guerra. Una storia di un ragazzo di allora 22 anni di Airali che nel 1941, dopo circa un anno di guerra sul confine francese, si trovava in Albania aggregato alla divisione Julia a combattere una guerra già persa.
Un ragazzo che aveva lasciato ad Airali la sua famiglia e soprattutto Gina, la sua bellissima fidanzata e sposa promessa.
Quel giorno eravamo entrati nella “sala bella”, quella che mamma e papà utilizzavano solo per le grandi occasioni… E quella lo era! Papà mi guardò fisso e mi fece capire che preferiva rimanere solo a raccontare la storia di quel ragazzo contadino, che si trovava a circa 1.700 km da casa, in mezzo al gelo e alla neve delle montagne d’Albania. Una storia che a me, suo figlio, non aveva mai voluto raccontare…
La storia di quel 24 marzo 1941. Un giorno che segnerà per sempre la sua vita di uomo, di marito e di padre. Quel giorno in cui quella bomba gli staccò quasi di netto la gamba destra appena sotto il ginocchio e che cambierà in modo indelebile la vita della sua amata Gina (mia mamma) e che ha cambiato poi anche la mia e quella della mia famiglia. Per sempre.
Mai papà ha voluto raccontare a me la terribile esperienza vissuta da lui in quei giorni. Di “quel giorno”! Anche quel giorno del 2005 sono uscito dalla “sala bella” rispettando la volontà e il dolore di mio padre. Ho saputo tutto quando il gruppo Alpini ci ha fatto dono del libro in cui papà aveva finalmente fatto pace con quel tempo terribile della sua vita. Mai sono andato con quel libro da lui dicendogli: “Dai, adesso racconta anche a me!”. Mi avrebbe risposto: “Chiedilo ai tuoi figli. Chiedilo a Cristina e Giorgio”. A loro il nonno ha voluto regalare quella sua Memoria viva e vissuta. Ai suoi due amatissimi nipoti.
Nel 2005 io avevo 45 anni. Troppo giovane per una storia così dura.
Grazie papà! Grazie di tutto. Grazie anche dei tuoi sofferti silenzi.
Per Carreum Potentia, Cavaglià Vanni – figlio del mutilato e invalido di Guerra cav.uff. Cavaglià Giovanni 1919-2010
P.S.
Un grazie di cuore al Gruppo Alpini di Chieri e ancora una volta al suo capogruppo Massimo Berruti.