S’cit a mangia poc. Queste parole danno inizio ad un altro mio ricordo d’infanzia: erano parte di una frase che mia mamma era solita ripetere come un mantra ogni qualvolta incontravamo qualcuno.
Per completezza l’inizio della litania prevedeva un’affermazione netta e decisa: «Ah… stà bin,… ma s’cit a mangia poc!».
Al che, tutte le volte che sentivo queste parole, cercavo di lasciare la mano di mamma con un gesto che ricordo sapeva di disappunto e, soprattutto, cercavo di non incrociare gli sguardi complici di chi, sentendo queste parole, iniziava a sciorinare rimedi di ogni tipo più e più volte sperimentati (a loro dire…) con strabilianti successi su figli o nipoti inappetenti.
Esistevano, allora come oggi, soluzioni di buon gradimento e soluzioni che tenderei a definire punizioni corporali!
Tra le prime, la mia più gradita, era senz’altro «lascialo mangiare cosa si sente ma innanzitutto cose che gli piacciono». E qui vi lascio immaginare l’elenco che velocemente passava nella mente di un bambino di 6-8 anni. Elenco che ovviamente mia mamma riduceva a una, due concessioni. Normalmente qualche dolcetto e qualche cono gelato da 30 lire, rigorosamente fior di latte e cioccolato alla latteria Grosso vicino a S. Domenico.
L’altro rimedio, decisamente interessante ma purtroppo per me limitato a qualche settimana estiva, era il consiglio: «fagli cambiare un po’ aria, meglio in montagna che fa fresco, ma non troppo alto!». L’indicazione prevedeva a questo punto addirittura un’altitudine consigliata: circa mille metri. Ecco che si spiegano i miei soggiorni estivi ad Alpette (ridente borgo montano a 957 m s.l.m.!) e alla “Antica Locanda del Ramo Verde” ancora oggi presente in piazzetta centrale.
Qui, a mia memoria, terminano le terapie di mio gradimento e inizia il capitolo dedicato a quelle che non mi vergogno di aver citato quali paragonabili punizioni corporali su minori, non in grado di opporre una giusta e sacrosanta difesa!
Ne ricordo sostanzialmente tre e le elencherò in ordine crescente di resistenza passiva al sopruso subito.
Il più abbordabile, ma comunque decisamente inviso ai miei occhi, era una preparazione casalinga a base di liquore Marsala, succo di limone, pochissimo zucchero (sigh..) e udite, udite, uova intere, quindi con guscio. Si lasciavano le uova per circa una settimana in un recipiente con il succo di limone che avrebbe sciolto i gusci. Solo a quel punto si aggiungeva il liquore Marsala e il poco zucchero, lo si lasciava in infusione per circa un mese. A questo punto questo preparato diabolico era pronto per la somministrazione al malcapitato di turno, cioè io. Ovviamente, andava agitato molto bene prima del consumo in quanto non sempre i limoni avevano svolto degnamente il loro lavoro di sciogliere i gusci. Ma era proprio quella parte a volte più solida la panacea al problema!
Dose consigliata dell’intruglio, uno o due bicchieri al giorno.
Direi discendente in linea diretta di quanto sopra descritto, era il terribile tuorlo d’uovo posato al centro di un cucchiaio rigorosamente in acciaio e, a memoria, grandissimo sempre abbinato ad un filo di liquore Marsala. Vantaggi (solo per mia mamma) nella somministrazione: velocità di preparazione, costo contenuto non dovendo comprare i limoni, nessun barattolo da tenere sul frigo a controllo e scuotere per un mese.
Svantaggi, ovviamente solo miei, minuti interminabili con il tuorlo d’uovo intero in bocca che ovviamente tendeva a rompersi, qualche conato represso, con mia mamma che inflessibile diceva: «Camplu giù».
Ora affronto con coraggio, quello che a mio modo di vedere era e resta una delle peggiori punizioni a cui io, bambino sano ..ma ca mangia poc.. ho dovuto sottostare. Affronto e punizione in cui era complice e connivente la Farmacia Bossotti, sita in via Vittorio Emanuele n° 50 (ora Regis).
Oltre ad avere lo stesso cognome del allora mio dentista… questo esercizio nato per alleviare le sofferenze altrui, vendeva a piene mani boccette di vetro fumé con appiccicata un’etichetta a caratteri rossi su fondo bianco (quando si dice che alcuni ricordi di bambino non ti lasciano più!) con sopra scritto: Olio di Fegato di Merluzzo.
A questo punto, direi che solo chi ha avuto modo nella propria infanzia di subire una tale prepotenza può, con me, condividere questo terzo e ultimo mio ricordo di soluzioni nostrane per inappetenza infantile.
Grazie mamma di tutto il bene che mi hai voluto, che è stato tanto, tantissimo. Immenso!
Grazie per i rimedi belli che ricordo con tanto piacere.
Ti dico comunque grazie anche per quelli brutti perché ora so che non era colpa tua… ma dei limoni che non scioglievano bene i gusci, delle galline che facevano allora uova troppo grandi per me bambino e, soprattutto, della farmacia Bossotti!
Grazie Mamma Gina, ti voglio bene…
Per Carreum Potentia, Vanni Cavaglià