“Chieri, la città delle cento torri”: così viene definita per l’elevato numero di torri presenti (le torri di difesa delle due cerchie murarie, i campanili delle chiese, le torri-scala e le torri di famiglia).
Le torri di famiglia, in particolare, erano numerose, come si può notare nella raffigurazione di Chieri tratta dal Theatrum Sabaudiae o nel particolare del quadro del Moncalvo “Incoronazione della Vergine tra i Santi Giorgio e Guglielmo e Rocco e Sebastiano”, conservato in San Bernardino.
Queste torri servivano per rappresentare l’importanza di una famiglia, nonché per la difesa, soprattutto dalle altre famiglie dei quartieri avversi.
Non va dimenticato infatti che Chieri era divisa in quattro quartieri: Vajro, Arene, Albussano e Gialdo.
L’unica torre scampata al “capitozzamento”, evento successivo alla scoperta della polvere da sparo e quindi alla nascita delle palle da cannone, è quella dei Ferrero. Essa si presenta nella sua interezza, senza rimaneggiamenti; prende il nome dalla famiglia che possiede attualmente la casa adiacente e non quello della famiglia che la fece costruire. Questo perché non si spiega come mai nel Catasto del 1442 risultava proprietario della torre Ugo Benci, l’unico della famiglia a non risiedere nel quartiere Gialdo, ma bensì tra le abitazioni dei Balbo, politicamente avversari.
La torre si presenta nello stato originario, se si esclude l’apertura del negozio al piano terra, in quanto la struttura presentava solo una piccola apertura al primo piano, in corrispondenza del ballatoio, per non renderla facilmente accessibile agli avversari.