Si chiamava Domenico Pogliano e viveva all’ombra del campanile del Duomo di Chieri con sua moglie Franca, sua mamma Felicita, sua sorella Orsola e i fratelli Pancrazio e Giacinto.
Più che all’ombra del campanile viveva proprio accostato ad esso e, visto il suo lavoro, ci viveva dentro: faceva infatti il campanaro. Anche suo padre Agostino faceva il campanaro e alla sua morte il figlio Domenico prese il suo posto in quel compito particolare che era: dare i segnali con le campane, suonare l’Ave Maria al mattino, a mezzogiorno e alla sera, suonare la campana di San Giuliano in caso di pericolo di tempesta, suonarne altre a morto in differente modo in base se il defunto fosse stato un uomo o una donna, caricare l’orologio tramite i contrappesi e in Quaresima suonare la mineuia dal suono lento e suggestivo. Arte nel suonare le campane che si è persa, comprese alcune antiche campane.
Domenico Pogliano è uno di quei chieresi che don Bosco cita nelle sue Memorie. Un amico.
Siamo nell’autunno del 1833 e Giovanni Bosco, tornando a Chieri per il nuovo anno scolastico, trovò alloggio presso la bottega di caffè e liquori di Giuseppe Pianta. In cambio di un pagliericcio, di una minestra e del tempo necessario per studiare gli venne offerto il posto di garzone caffettiere. Non gli veniva corrisposto alcun stipendio. In un piccolo vano, sopra un forno per cuocere le paste dolci, era collocato il suo giaciglio per dormire; vano così corto che i suoi piedi sporgevano fuori. Vi era poi una sala da biliardo. Non proprio un luogo ideale per poter studiare.
Domenico Pogliano conobbe Giovanni Bosco proprio in questo periodo. Immaginando che la caffetteria Pianta «non fosse luogo troppo adatto per studiare con raccoglimento, lo invitò ad approfittare della quiete della sua abitazione e Giovanni acconsentì e vi si recò moltissime volte».
Quella casa era collegata internamente al campanile del Duomo, un balconcino si affacciava al suo interno e il più
delle volte da lì venivano suonate le campane. Quel balconcino si affacciava in realtà su quella che era stata la “Cappella di San Giovanni Battista decollato” di patronato dei Gallieri, totalmente affrescata tra gli anni 1414 – 1418 ma dopo pochi decenni abbandonata e pesantemente vandalizzata, divenendo un ripostiglio. Alcuni affreschi subirono danni irreparabili. Solo tra gli anni 1954 – 1960 la Cappella fu restaurata. E poi tra il 2006 e il 2009 un nuovo importante restauro conferì a questo luogo dignità e la giusta valorizzazione. E proprio durante questo ultimo restauro si è notato un nome inciso ai piedi dell’affresco del Battesimo di Gesù nel Giordano. Per due volte Domenico Pogliano prese forse un chiodo appuntito per scalfire l’intonaco e scriverci per due volte il suo nome e la sua professione: “Domenico Pogliano Campanaro”. E una delle due volte incise pure la data, pare di leggere “1829”.
Raccontandolo a un Salesiano, subito mi chiese di verificare se anche Giovanni Bosco, vista la permanenza in quella casa, avesse lasciato il suo nome su quelle pareti affrescate nel Quattrocento. La risposta è stata: “No! Don Bosco non ha vandalizzato la Cappella dei Gallieri”. Ma quasi certamente si è affacciato da quel balconcino, per guardare il suo amico Domenico intento nell’arte di suonare le campane del Duomo.
Per Carreum Potentia, Roberto Toffanello